Dai manovali con partita Iva, all’età che si alza nei cantieri. L’altra faccia della crisi nell’edilizia
È scontro tra l’Inail e la Fillea-Cgil sui dati degli infortuni nell’edilizia. L’istituto sul suo sito sostiene che si sono dimezzati ma il segretario Walter Schiavella replica che tutta l’attività del settore sì è ridotta del 50 per cento e quindi non c’è vero miglioramento. È solo un’illusione statistica.
In più molti incidenti, secondo la Fillea, non verrebbero neppure più denunciati perché il sommerso la fa da padrone. I sindacati aggiungono che si sta alzando l’età media dei muratori caduti sul lavoro, come dimostrano episodi recenti.
Per Domenico Pesenti, numero uno della Filca-Cisl le colpe sono della riforma Fornero, «perché a 67 anni un conto è lavorare dietro una scrivania e un altro salire sopra un’impalcatura».
Ma al di là delle polemiche sui dati la filiera produttiva dell’edilizia è sicuramente quella che esce in condizioni peggiori dalla Grande Crisi. Ed è proprio qui che si annidano più che altrove le false partite Iva. Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti in merito ebbe a dire che non era nemmeno concepibile che ci fossero muratori con la partita Iva, eppure incrociando i dati si può arrivare a stimare come in Italia ce ne sia grosso modo mezzo milione, di cui il 40 per cento rappresentato da lavoratori stranieri.
Il dato di Roma è particolarmente illuminante: nei primi 9 mesi del 2014 l’occupazione nel settore edile è scesa del 3,9 per cento mentre i lavoratori autonomi sono saliti del 16 per cento!
Con la recessione il mercato italiano del mattone si è ristretto enormemente (dal 2008 si è perso il 49 per cento delle ore lavorate e il 45 per cento degli addetti), le sette-otto grandi imprese ormai fatturano più del 70 per cento all’estero e l’unico segmento che ha continuato a dare occasioni di lavoro all’interno è stato quelle delle ristrutturazioni delle abitazioni private, grazie agli incentivi governativi. Questo tipo di interventi è coperto per la stragrande maggioranza dei casi da piccolissime imprese, che in genere hanno una struttura composta da pochissimi dipendenti in regola e il resto in nero.
«La destrutturazione del settore passa anche attraverso la sostituzione, nell’amministrazione dell’azienda, del tradizionale ruolo dell’imprenditore - spiega Massimo Trinci, presidente della Feneal Uil -. A guidare de facto le aziende sono dei consulenti esterni che sovraintendono minuziosamente a tutte le operazioni delle piccole ditte usando tutte le scappatoie. Una volta inventano il part time dei muratori, come è accaduto fino al 2010, e la volta dopo spingono i dipendenti ad aprire la partita Iva pur di conservare un posto già a rischio».
In questo modo portano a casa i frutti di una mezza evasione contributiva sia dell’impresa sia del lavoratore e vanno a complicare la situazione previdenziale degli operai più anziani, che a causa dei periodi di vuoto tra la chiusura di un cantiere e l’apertura di un altro sono costretti a rimanere in attività oltre i 65 anni.
Dal 2000 a oggi non c’è stato nessun ingresso di giovani, almeno nel Centro Nord, e i vuoti sono stati riempiti, più che in altri Paesi europei, da lavoratori stranieri. Egiziani e rumeni a Milano, serbi e croati nel Nord Est e soprattutto rumeni a Roma, grazie a un trattato bilaterale che preesisteva allo stesso ingresso di Bucarest nella Ue. Nelle liste delle casse edili spuntano anche 5 mila moldavi e, come detto, gli stranieri con partita Iva sono più di 200 mila e ad aiutarli nelle pratiche sono i soliti consulenti-intermediari. Aggiunge Trinci: «Se dai dati generali passiamo in rassegna quelli riferiti all’inquadramento professionale dei dipendenti in regola viene fuori che il 35 per cento è fermo alla prima qualifica, quella di manovale. Questa percentuale tradizionalmente viaggiava attorno al 20 per cento e dimostra come le imprese quando assumono lo fanno solo nella fascia bassa».